La Corte d’Appello di Reggio Calabria, accogliendo il ricorso dei legali, ha restituito a Domenico Frascà, imprenditore di Gioiosa Jonica, beni mobili e immobili che erano stati posti sotto sequestro nel febbraio del 2018 su richiesta della Dda reggina. Frascà, infatti, era rimasto coinvolto nell’inchiesta “Crimine” e successivamente condannato a due anni di reclusione per illecita concorrenza aggravata dal metodo mafioso in quanto, secondo i giudici, avrebbe controllato, in concorso con altri, i lavori per la realizzazione di un tratto della strada statale 106. Ma, stando alla decisione della Corte d’Appello di cui parla la Gazzetta del Sud, dalle contestazioni che emergono nel processo “Crimine”, all’imprenditore “non è derivato alcun vantaggio patrimoniale, ma gli è derivato un notevole danno”, e inoltre “l’ipotesi di un ingiustificato arricchimento patrimoniale è documentalmente smentita dalla relazione di consulenza tecnica di parte e dalla documentazione allegata, per cui non può sostenersi che un elemento dimostrativo della pericolosità sociale sia desumibile dalle acquisizioni patrimoniali”.
I giudici, dunque, concludono che quella di Frascà è un’”impresa non mafiosa”, con un’operazione “in perdita” che “è confermativa del ruolo “d’impresa vittima” e non “d’impresa collusa”…”. Ragione per cui, nelle mani dell’imprenditore e della sua famiglia sono tornati un fabbricato, alcuni terreni, tre società edilizie, rapporti bancari, titoli obbligazionari, polizze assicurative.
(Lro/Adnkronos)