Reggio Calabria: Appalti truccati, 19 indagati

(ANSA) – REGGIO CALABRIA, 17 MAG – La Guardia di finanza di
Reggio Calabria, coordinata dalla Dda reggina, diretta dal
Procuratore Giovanni Bombardieri, ha notificato la chiusura
indagini a 19 persone tra i quali imprenditori e funzionari
pubblici infedeli, indagate, a vario titolo, per concorso
esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per
delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, intestazione
fittizia, aggravati dal metodo mafioso, corruzione, reati
ambientali e abuso d’ufficio.
L’operazione, denominata «Rupes», che avrebbe portato alla
luce una serie di appalti truccati, si fonda sulle risultanze
delle indagini condotte dal Gico di Reggio Calabria, nei
confronti di imprenditori «collusi» con esponenti delle cosche
cittadine e pubblici ufficiali corrotti che, associandosi tra
loro, avrebbero determinato, tra il 2009 e il 2013, per imprese
riconducibili a soggetti vicini alle cosche «Condello», «Libri»,
“Tegano», «Paviglianiti» di San Lorenzo e «Iamonte» gli esiti di
diverse gare per lavori pubblici.
Dalle indagini è emerso
che nella zona nord di Reggio Calabria, la cosca «Condello”
svolgeva un ruolo egemone nel condizionamento dell’economia
locale assicurandosi il controllo del territorio «di competenza”
e delle attività economiche e produttive attraverso lo scambio
di reciproci vantaggi con noti imprenditori,utilizzando
prestanome qualificati e contando sulla compiacenza di
funzionari pubblici. Le persone coinvolte nell’indagine sono
Carmelo Giuseppe Cartisano, di 48 anni; Girolamo Cartisano (63);
Walter Davide Cartisano (32); Francesca Cutrupi(34); Antonio
D’Agostino,(58); Vito Lo Cicero (76); William Sergio Liborio Lo
Cicero (71);Domenico Alessandro Macrì (55), Giovanni Mangiola
(50) Domenico Marcianò (37); Domenico Musolino(44), Antonio
Napolitano (59); Riccardo Napolitano (58), Giovanni Pontari 61);
Antonio Russo (37); Maria Scaramuzzino (40); Fortunato
Stellittano (50), Giovanni Tripodi (38) e Andrea Carmelo Vazzana
(51).
L’imprenditore Vito Lo Cicero, amministratore dell’impresa
“Impianti e Costruzioni s.r.l.», è indagato per concorso esterno
in associazione di tipo mafioso mentre Carmelo Giuseppe
Cartisano, attualmente detenuto, è ritenuto referente della
cosca «Chirico», federata alla cosca «Condello». Secondo
l’ipotesi accusatoria i due avrebbero stretto un accordo di
biunivoco interesse che assicurava la risoluzione delle
problematiche di natura intimidatoria e/o estorsiva quali – tra
le altre – il danneggiamento di un escavatore e la «protezione”
mafiosa in un cantiere di Bova Marina, collocato in un diverso
contesto territoriale di ‘ndrangheta. In cambio, Lo Cicero
avrebbe riservato forniture di materie prime, estrazione e i
trasporti di materiali, nonché l’assunzione delle maestranze, ad
imprese individuate direttamente da Cartisano.
Sempre Lo Cicero, con l’imprenditrice Francesca Cutrupi,
avrebbe posto in essere alcune turbative d’asta per agevolare la
‘ndrangheta per poi subappaltare i lavori a imprese ritenute
vicine alle cosche «Condello», «Libri» e «Tegano»,
“Paviglianiti» e «Iamonte» altrimenti prive dei requisiti per
poter contrattare con la Pubblica Amministrazione. Si prefigura
la corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, per
l’azione svolta da Lo Cicero e Cartisano, nei confronti di
diversi funzionari pubblici: oltre a Domenico Alessandro Macrì
sono coinvolti il fratello di Lo Cicero, William Sergio Liborio,
Riccardo Napolitano e Antonio Napolitano, tutti dipendenti del
Provveditorato alle Opere Pubbliche della Sicilia e della
Calabria e Giovanni Pontari capo struttura del Dipartimento
Agricoltura, Foreste e Forestazione della Regione.(ANSA).

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