Erano costretti a lavorare 10-12 ore al giorno, sette giorni su sette, senza alcuna protezione individuale, a 2-3 euro l’ora i braccianti extracomunitari sfruttati dalla rete di caporali, anch’essi extracomunitari, con la complicità di imprenditori agricoli operanti nel settore della raccolta e vendita di agrumi nella piana di Gioia Tauro, sgominata stamani dai carabinieri con il coordinamento della Procura di Palmi. Un’operazione che, per la prima volta, è scaturita dalla denuncia di un migrante che ha trovato la forza di denunciare i suoi sfruttatori. Complessivamente i carabinieri, in esecuzione di un’ordinanza del gip, hanno arrestato venti persone – 13 in carcere e 7 ai domiciliari – e notificato 9 tra obblighi di dimora, divieti di dimora e obbligo di presentazione alla pg. Tra gli arrestati figurano 13 caporali 7 imprenditori agricoli ai domiciliari, oltre ad altri 2 con obbligo di dimora, 1 con divieto di dimora e 1 con obbligo di presentazione alla pg. L’operazione, denominata «Euno» dal nome dello schiavo siciliano che nel 136 a.C. guidò la prima guerra servile contro
il possidente terriero Damofilo, è giunta a conclusione di indagini condotte dai carabinieri della Stazione di San Ferdinando e della Compagnia di Gioia Tauro, col supporto del Nucleo ispettorato del lavoro di Reggio Calabria e scaturite da una denuncia presentata da un bracciante senegalese nei confronti di un caporale di nazionalità ghanese. L’inchiesta, condotta dal luglio 2018 al gennaio 2019, attraverso il ricorso a pedinamenti, osservazioni, riprese video, interrogatori ed intercettazioni ha permesso agli investigatori di fare luce sull’esistenza di una vera e propria rete di caporali composta da cittadini centrafricani che all’epoca vivevano nella baraccopoli di San Ferdinando e a Rosarno. Lo sfruttamento iniziava già alle 5 del mattino quando i caporali, alla guida di minivan e veicoli – il più delle volte inidonei alla circolazione su strada ed al trasporto di persone – iniziavano a caricare a bordo i braccianti radunati in diversi punti di raccolta, quali la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo container di Rosarno. Da qui venivano trasportati nei diversi fondi agricoli sparsi nella Piana per essere impiegati nella raccolta degli agrumi. Nei furgoni, omologati per il trasporto di non più di 9 passeggeri compreso il conducente, i caporali riuscivano a caricare sino a 15 persone, costringendo i braccianti, già provati dalle scarse condizioni di vita all’interno della baraccopoli, a trovare posto su sedili di fortuna realizzati con tavole in legno, secchi di plastica, cassette per la raccolta e pneumatici usati di autoveicoli.
Dalle indagini sono emersi anche alcuni episodi di detenzione ai fini di spaccio di marijuana e il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione da parte di un liberiano. Quest’ultimo si occupava di trasportare donne di nazionalità nigeriana, da Rosarno verso la baraccopoli di San Ferdinando ed il campo container di Rosarno dove erano costrette a prostituirsi ed a cedere successivamente parte del ricavato al loro sfruttatore.(ANSA).