Lamezia Terme: “La locandiera” con Amanda Sandrelli inaugura la stagione teatrale al Grandinetti

Venerdì 22 febbraio 2019 alle ore 21 inaugurazione al Teatro Grandinetti Comunale della stagione AMA Calabria con la Locandiera, una pièce tra le più riuscite e rappresentate della produzione goldoniana, interpretata da Amanda Sandrelli. Prodotto da Arca azzurra e Teatro stabile di Verona, con l’adattamento e la drammaturgia di Niccolini, le scene di Antonio Panzuto e la regia di Paolo Valerio, lo spettacolo vede impegnati, oltre alla Sandrelli (Mirandolina), gli attori Alex Cendron (cavaliere di Ripafratta), Giuliana Colzi (Deianira), Andrea Costagli (marchese di Forlipopoli), Dimitri Frosali (conte d’Albafiorita), Massimo Salvianti (Fabrizio) e Lucia Socci (Ortensia). Il nome della protagonista trae in inganno: Mirandolina suona troppo dolce, troppo seducente e brioso per poter nascondere qualcosa di diverso. Ma – si sa – i nomi talvolta ingannano. Eppure Carlo Goldoni mette in guardia ancora prima che il testo abbia inizio, lo fa nell’avvertimento destinato al lettore: «Fra tutte le Commedie da me sinora composte, starei per dire esser questa la più morale, la più utile, la più istruttiva. Sembrerà ciò essere un paradosso a chi vorrà fermarsi a considerare il carattere della Locandiera, e dirà anzi non aver io dipinto altrove una donna più lusinghiera, più pericolosa di questa». Goldoni non lascia scampo a dubbi, eppure per quasi duecento anni la tradizione ha voluto che Mirandolina fosse inchiodata alla sua natura dolciastra, un po’ cocotte, effervescente gaia ed esuberante. Era stata Eleonora Duse a fotografare questa tradizione con tre sole parole: «Brio, brio, brio». Ma se La Locandiera giustamente viene considerato un autentico capolavoro del teatro di tutti i tempi, non è certo perché la sua protagonista è la paladina del brio e dell’effervescenza. Tutt’altro.  La scena, precisa Goldoni, è a Firenze in un grande affresco di toscanità. Mirandolina è una donna feroce, abituata a comandare, “toscanamente” autoritaria e incline al tornaconto: lotta per portare avanti la locanda dopo la morte del padre e, in contemporanea, contro un marchese squattrinato, un ricco volgare, il misogino cavaliere di Ripafratta, e un cameriere tuttofare che non vuole staccarsi dalla sua padrona, possibile sposa. Lotta per affermare la forza e la dignità in un mondo in cui le donne sono solo oggetto di piacere o di disprezzo. Il desiderio intimo di Mirandolina è piacere ma anche perché, piacendo, la cassa si rimpingua: la sua civetteria è calcolo. «Nel feroce mondo nuovo che Carlo Goldoni sa dipingere – sottolinea il drammaturgo Niccolini -, la locandiera chiude tutte le porte e resta l’indiscussa padrona della sua vita. Al sicuro, certo, ma spogliata di quel turbamento amoroso che, inatteso, è arrivato a stravolgere la vita e i piani. Rinuncia, Mirandolina. Si sposa cinicamente, con il commento più feroce che mai abbia accompagnato una brulla cerimonia: “Anche questa è fatta”, e tutti vissero infelici e scontenti».

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