Il Tribunale di Locri ha accolto il ricorso che era stato presentato dalla candidata a sindaco di Riace Maria Caterina Spanò, dichiarando l’ineleggibilità di Antonio Trifoli, eletto primo cittadino in occasione delle amministrative svoltesi il 27 maggio scorso. Maria Caterina Spanò, assistita dall’avvocato Francesco Rotundo, aveva sostenuto l’ineleggibilità di Trifoli in quanto dipendente del Comune, con mansioni di vigile urbano con contratto a tempo determinato. E in quanto tale non poteva beneficiare dell’aspettativa per motivi politici. Spanò capeggiava la lista in cui era candidato a consigliere l’ex sindaco Mimmo Lucano, decaduto dopo il suo arresto nell’ottobre dello scorso anno per i presunti illeciti nella gestione dei migranti. Lucano, comunque, non era stato eletto. La sentenza con cui é stato accolto il ricorso di Maria Caterina Spanò sarà esecutiva soltanto dopo i tre gradi giudizio. Fino ad allora Trifoli resterà in carica come sindaco. Per l’accoglimento del ricorso presentato da Maria Caterina Spanò si era pronunciato, in udienza, anche il Procuratore della Repubblicadi Locri, Luigi D’Alessio. Il ricorso della candidata a sindaco era stato riunito con un’analoga iniziativa che era stata promossa da tre cittadini di Riace. L’ineleggibilità di Trifoli era stata anche sancita in un parere espresso nello scorso mese di settembre dal Ministero dell’Interno e notificato alla Prefettura di Reggio Calabria. «Ho appreso da poco la decisione del Tribunale di Locri e resto sconcertato sulle motivazioni. Si vuole precludere il diritto all’ elettorato passivo a chi dopo 20 anni è ancora precario della pubblica amministrazione». Lo afferma, in una dichiarazione, il sindaco di Riace, Antonio Trifoli, in relazione alla sentenza con cui é stata dichiarata la sua ineleggibilità. «Un sacrosanto diritto sancito dalla nostra Costituzione – aggiunge – che viene cancellato con un colpo di spugna senza approfondire attentamente la vicenda, tant’è che nel dispositivosi specifica che non esistono casi precedenti. Spero col cuore che il mio caso faccia giurisprudenza. Non per me, ma per le migliaia di colleghi che in tutti questi anni hanno visto negarsi tutti quelli che sono i principi essenziali della nostra Costituzione. Un precario a 900 euro al mese e un condannato per gravi reati sono messi sullo stesso piano. Il Governo e soprattutto il parlamento devono prendere atto che le regole del diritto in Italia sono quanto meno da rivedere». «Ad oggi, inoltre – conclude Trifoli – è stata negata dalla Prefettura e dal Ministero dell’Interno la possibilità di visionare le carte riguardo a quello che ad oggi è un ‘parere fantasmà che dichiara la mia presunta ineleggibilità». (ANSA).