(ANSA) – CATANZARO, 25 FEB – Ferma presa di posizione di
Ordine e sindacato della Calabria dei giornalisti e di un gruppo
di testate regionali contro le «querele temerarie», interpretate
come «un attacco e un tentativo di mettere il bavaglio alla
libera stampa».
“È inutile girarci attorno – si afferma in un documento -. In
Calabria c’è una strana idea della stampa libera: viene
applaudita quando tocca ‘nemicì, secondo una classificazione
tanto personale quanto sfuggente. Quando, invece, racconta
interessi personali o di cordata, diventa un nemico da
combattere o, meglio ancora, da abbattere. Gli strumenti a
disposizione non mancano: diffide, che preludono ad atti di
mediazione che aprono le porte a richieste di risarcimento che
sfociano in querele, spesso temerarie. Gli esempi sono decine:
agli imprenditori che, ritenendosi diffamati da un articolo di
cronaca, arrivano a chiedere cifre a sei zeri si aggiungono
coloro per i quali la richiesta di risarcimento diventa
imponderabile. Politici feriti nell’orgoglio da una frase
chiedono la cancellazione di un pezzo il giorno dopo la sua
pubblicazione, pena una causa (milionaria anche quella?) che
costringerà giornalista, direttore ed editore a girovagare,
forse per anni, per le aule dei tribunali. L’elenco, in questo
senso, sarebbe lunghissimo. Chiariamo: non si mette in dubbio
il diritto di rivolgersi ad un giudice qualora ci si ritenga
diffamati. Il punto è che il campionario che ogni redazione può
esibire, mostra richieste tanto bizzarre da fare sorgere il
dubbio che la vera questione sia un’altra, e cioè cercare di
mettere il bavaglio alla stampa. Ci si muove nel terreno che
segna la distanza tra la lesione della propria onorabilità e il
tentativo di intimidire cronisti, editorialisti e testate. La
sensazione, però, è che spesso si tenda a raggiungere il secondo
obiettivo. Non ci stracceremo le vesti per questo e continueremo
tutti a fare il nostro lavoro. A raccontare fatti, riportare
opinioni, evidenziare le incongruenze di una regione in cui il
‘grigiò si allarga sempre più. E ci difenderemo dalle richieste
di risarcimento e dalle querele temerarie. Ciò che però non
possiamo più fare è restare in silenzio davanti a metodi e
numeri che fanno pensare ad un attacco vero e proprio alle
prerogative della libera stampa. È tempo di rispondere a questa
aggressione. Come? Per dirla con le parole del Procuratore
nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, ‘dobbiamo
garantire i giornalisti, che sono chiamati in tante cause civili
con risarcimenti dei danni stratosferici, dalle azioni
temerarie. E il giornalista, così, non può svolgere serenamente
il proprio lavorò. Il magistrato, già capo della Dda di Reggio,
conosce bene la realtà calabrese. Nel suo intervento nel corso
della tavola rotonda internazionale organizzata a Siracusa
dall’associazione ‘Ossigeno per l’informazionè, ha proposto una
soluzione. ‘Quali possono essere – ha affermato Cafiero de Raho
– i modelli di garanzia? Quando viene chiesto il risarcimento,
se la querela è temeraria, il soggetto che ha citato in giudizio
il giornalista, nel caso in cui abbia torto, dovrebbe essere
condannato al doppio del risarcimento del danno richiesto.
Perché ‘l’informazione oggi è il cardine della democrazia. E non
un accessorio da esibire a secondo della (propria)
convenienzà».
Il documento é stato sottoscritto da Giuseppe Soluri e Andrea
Musmeci, rispettivamente, presidenti dell’Ordine e del Sindacato
dei giornalisti della Calabria; Michele Albanese, presidente
dell’Unci Calabria; Arcangelo Badolati, giornalista e scrittore,
e dalle testate Corriere della Calabria, Quotidiano del Sud,
Zoom 24, La Nuova Calabria, I Calabresi, Catanzaroinforma,
Calabria7 e
il Crotonese. (ANSA).